Maurizio Reggiani & le SuperCar di Lamborghini: Come si digitalizza un’emozione?

Maurizio Reggiani ci racconta come la tecnologia abbia consentito a Lamborghini di aumentare la propria produzione da 200 a 10.000 auto l’anno in vent’anni e i retroscena inaspettati della ricerca condotta per scoprire come si misura l’emozione di guidare un’auto supersportiva.

Di cosa parliamo in questo episodio ?

Introduzione

Buongiorno e benvenuti a “Trasformazione Digitale - Come il Digitale trasforma il Fisico”. Sono Francesca Frattini, Direttore Marketing PTC e oggi abbiamo una nuova puntata speciale, tratta da un evento che si è tenuto recentemente al Museo Ferrari di Maranello.

Tra gli ospiti che hanno partecipato alla tavola rotonda, abbiamo avuto il piacere di avere nuovamente con noi Maurizio Reggiani, che, come gli appassionati di motori sanno, è stato per praticamente 16 anni il “papà” delle più iconiche Lamborghini degli ultimi anni, inclusa la Urus, il cosiddetto terzo modello, che ha costituito una importante rivoluzione, e in questa intervista ci ha spiegato il perché. Abbiamo già avuto il piacere di intervistare Maurizio in occasione di un altro evento da cui abbiamo ricavato altre tre puntate del podcast che vi invito ad andare a riprendere.

Qui abbiamo voluto approfondire con lui due aspetti principali ed estremamente interessanti:

  • il primo è l’evoluzione di Lamborghini nell’era Audi, come la definisce Maurizio, ovvero come la tecnologia abbia consentito all’azienda di far crescere la propria produzione da 200 a 10.000 auto l’anno in vent’anni, mantenendo, allo stesso tempo, il proprio approccio diciamo così “artigianale”.
  • Il secondo è uno sguardo sul futuro approfondendo meglio i retroscena della ricerca che Lamborghini ha fatto per scoprire come si misura un’emozione, in questo caso, ovviamente, l’emozione di guidare un’auto supersportiva. Inutile dire che potete conoscere la risposta solo ascoltando questo episodio

Cominciamo quindi con il capire come la tecnologia abbia consentito a Lamborghini di trasformarsi in quello che possiamo chiamare “atelier” delle supersportive di lusso, da 200 auto prodotte l’anno, ad un’azienda che ne produce ora 10.000 mantenendo il suo approccio, appunto di “atelier artigianale”.

Da Atelier a vera Azienda Industriale: la rivoluzione digitale in Lamborghini

Maurizio Reggiani: Sicuramente è una storia nata non da un desiderio, ma da una necessità. Noi eravamo appena stati acquistati dal gruppo Volkswagen, da Audi, e dovevamo uniformarci ai loro sistemi.

Noi eravamo un'azienda relativamente piccola, tanti progettisti con CAD variegati, e dovevamo uniformarci al gruppo Volkswagen.

Il gruppo Volkswagen aveva delle direttive molto severe e fummo indirizzati a PTC, perché forniva la tecnologia che il gruppo utilizzava per la progettazione.

Per cui abbiamo vissuto, direi nel 2000, circa 2000-2001, questa prima implementazione di software. Bellissimo, difficilissimo da usare a quei tempi, e per cui cominciamo questa partnership con PTC fatta di capacità di istruire le persone, fargli cambiare la metodologia d'approccio da bidimensionale a tridimensionale, addirittura parametrico (quindi era un cambio di mentalità con un doppio salto mortale) e con tutte le difficoltà che comportava. È chiaro che l'abbiamo vissuta in una maniera costruttiva, quindi con l'intento non solo di imparare a usare, ma di fare di più di quello che facevamo prima.

Il primo contatto con gli strumenti PTC

Era il periodo in cui, come diceva prima Francesca, siamo passati da 200 macchine all'anno fino ad arrivare alle 10.000 dell'anno scorso. In tutto questo PTC è stato fondamentale perché ci ha prima permesso di progettare, poi ci ha permesso di calcolare, poi ci ha permesso di cominciare a porci il problema di come gestire i dati.

Il “come” gestire i dati non era come nella nostra piccola realtà, ma sempre di più si usavano pezzi e piattaforme del gruppo Volkswagen. Entravi in questo archivio, che era più grande di tutta la nostra azienda, e dovevi andare a pescare quello che era usabile, non usabile, che era stato dell'arte o era sotto modifiche.

Per cui abbiamo vissuto l'esperienza di avere un sistema che ci permettesse di gestire non solo i nostri dati, ma di dialogare con tutti i dati di un gruppo che, rispetto a Lamborghini era il mondo.

Questo ha fatto sì di essere i primi nel gruppo a percepire questa esigenza per cui su progetti come questi siamo stati un po' la testa di ponte del gruppo Volkswagen, siamo stati usati come progetti pilota e col passare del tempo l'azienda si è “innamorata” delle potenzialità di questi strumenti.

Quando c'è stato uno dei più grandi challenge che Lamborghini ha avuto, che è stato quello di costruire il terzo modello - cioè la Urus, una vettura che in termini di volumi, di utilizzo, di piattaforme del gruppo e di condivisione, anche di sviluppi, era importantissimo - noi siamo riusciti ad arrivare a questo proprio perché avevamo gli strumenti giusti e abbiamo potuto implementare gli strumenti coinvolgendo la Produzione.

Intendo proprio il costruire una linea di montaggio nuova ancora quando eravamo in fase di Progettazione, poter condizionare la Progettazione per quelle che erano esigenze della Produzione, ma non solo come linea di montaggio, ma come assemblaggi, come tempi ciclo, come ergonomia e, non contenti, abbiamo coinvolto anche l'After Sales, per cui tutte le istruzioni che poi erano rivolte al post vendita, ai concessionari, quindi fuori dall'azienda, sono passate attraverso questo coinvolgimento globale.

Lamborghini: prima azienda a implementare l’industria 4.0

Questo coinvolgimento globale è quello che poi ci ha portato ad essere in Italia, ma anche nel gruppo Volkswagen, la prima azienda che implementò la famosa industria 4.0 con la Urus e l'abbiamo fatto in un'ottica proprio propedeutica per il futuro, non fermandoci a quello che serviva, ma guardando oltre.

La creazione di questa integrazione globale di azienda ci ha permesso di attraversare quel mondo in cui era nato PTC in Lamborghini, cioè la Progettazione, e portarla portarla, attraverso i vari strumenti, alla Finanza, all'ufficio Acquisti, alla Qualità, alla Produzione, all'After Sales e quindi bene o male chiudere quello che era il circolo del prodotto che andavamo a sviluppare in Lamborghini.

La sostenibilità e il futuro delle emozioni

Francesca Frattini: Abbiamo parlato poi naturalmente di futuro e sostenibilità. Futuro è una parola che in Lamborghini è strettamente legata alla loro capacità di differenziazione sul mercato, data dall’emozione derivante dalla guida di un’auto supersportiva (come abbiamo già evidenziato in un’altra puntata). Abbiamo quindi chiesto a Maurizio qualche dettaglio in più su come siano stati capaci di “misurare” questa emozione e arrivarne all’origine attraverso la tecnologia. Come si misura l’emozione di guidare un’auto supersportiva?

L’approccio che hanno utilizzato è stato davvero molto interessante, perché parte da un settore decisamente agli antipodi delle supercar di lusso…

Maurizio Reggiani: Ogni azienda ha un settore in cui si posiziona e l'azienda per cui ho lavorato per 30 anni vendeva i famosi luxury goods, quindi oggetti che erano macchine, ma nel campo del lusso. Il futuro sappiamo tutti che ci prospetta una visione strategica che porterà i veicoli sempre di più a essere elettrificati, per cui ci sarà una data che stabilirà la Commissione Europea e il mondo, in cui tutti i veicoli saranno elettrici. La grande sfida è far sì che un veicolo elettrico sia più emozionante di un altro. Più andremo in questo campo, più sarà difficile. Oggi le emozioni si basano su sei cilindri, dieci cilindri, dodici cilindri, otto cilindri, aspirati, turbo e quant'altro…

Domani ci aspettiamo, da una certa data in poi, che tutti i veicoli abbiano un motore elettrico, due motori elettrici, massimo quattro motori elettrici e sappiamo tutti benissimo che il motore elettrico di rumore ne fanno poco, di emozione ne danno poca perché hanno la capacità di erogare la coppia in una maniera progressiva come il software richiede e sicuramente ci sarà la necessità di far sì che un brand sia diverso dall'altro: che Lamborghini sia diverso da Ferrari, sia più emozionale di Maserati anziché di una Stellantis o quant'altro.

Misurare le emozioni

Il problema è in che modo? Noi ci siamo posti questo problema quando io ero ancora in azienda ed è chiaro che porsi il problema vuol dire risolverlo, ma vuol dire anche essere capace di ingegnerizzarlo, perché non lo risolverò mai al primo colpo, avrò sempre bisogno di qualche cosa che mi permette di dire l'ho progettato in questo punto, voglio un po' più alto, un po' più in basso, per cui devo avere qualche cosa di ingegneristico, qualche cosa di misurabile.

Quando siamo partiti, abbiamo avuto un approccio, grazie anche al Politecnico di Milano, che deriva da un'altra scienza, che è quella di come viene fatta la suddivisione della distribuzione nei supermercati, diciamo nella grande distribuzione, e abbiamo pensato a come può essere l'emozionalità in vettura, per cui abbiamo preso un simulatore di guida che avevamo in azienda e poi abbiamo cominciato a mappare quelle che sono le reazioni, le emozioni che diversi cluster di persone:

  • Uomo/donna,
  • Giovane/ Medio / Più anziano,
  • Driver Esperto / Driver Non esperto

provavano all'interno del simulatore utilizzando lo stesso schema di guida.

Queste persone erano, dal punto di vista medico, completamente strumentate, per cui avevano il classico caschetto che misura gli impulsi neurologici nel cervello, un sensore che misurava il movimento delle palpebre, altri due sensori che misurano l'umidità sotto le dita, poi c'era una sorta di bustino che fa tutte le attività legate alla respirazione, al battito cardiaco e quant'altro.

Tutte queste informazioni ci servivano per capire quali erano gli elementi che più di ogni altro davano emozionalità nella vettura, perché erano tutte attività che essendo fatte su un simulatore erano anche poi riproducibili o sarebbero state riproducibili.

Per cui c'era questa quantità di dati spaventosi, ma interessantissimi, con cui abbiamo valutato mediamente qual è l'aspetto che dà più emozionalità quando si è seduti in macchina, con sorpresa di diverse persone, me compreso, perché pensavo a tutt’altra risposta.

Occorrerà sicuramente che ci siano strumenti (per cui sicuramente PTC verrà coinvolta nel futuro), come ad esempio a livello di intelligenza artificiale per andare a tagliare, a creare tantissimi settori in tutti questi dati e a renderli utilizzabili per progettare qualcosa di diverso.

Perché dico progettare qualcosa di diverso? Perché se prendo quello che è stato un macro-risultato di quello che abbiamo identificato, l'elemento che dà più emozione in una guida sportiva, in una guida di una vettura come Lamborghini a quel tempo, tutti pensavamo che fosse il rumore o che fosse lo stridio degli pneumatici quando arrivi in una curva o la frenata brusca... Ebbene no, per il nostro corpo umano, mediamente, la percezione più emozionante che riceve era la vibrazione che veniva dal sedile. È quella che ti dà la percezione dell'accelerazione, del crescendo di un motore e anche nelle frenate o quando entri in curva che tendi a, lasciatemi dire come dicono da noi, inchiodare le ruote per cui cerchi di entrare in curva e senti lo stridore.

“Ingegnerizzare” le emozioni

Quello che dà più informazioni al nostro corpo è la vibrazione che sentiamo sotto il sedile. Perché dico che è importante? Perché è un qualche cosa che si può ingegnerizzare in futuro, è un qualche cosa che attraverso strumentazioni, può essere legato alla dinamica del veicolo, quindi la può far diventare diversa, la può fare attraverso il software che applica un procedimento all'hardware, ci ricrea nel nostro corpo quelle sensazioni che ci piacciono e che ci fanno dire che una cosa è più sportiva o più di lusso di un'altra in un mondo che tenderà invece a uniformare sempre di più queste cose.

Questo esperimento, questa raccolta dati era nata da un rapporto che avevamo col Politecnico di Milano, dove attraverso un vicerettore, che si occupava di scienze neurologiche, di ingegneria e anche di marketing.

Abbiamo portato a bordo questa esperienza che è quella che viene utilizzata dalle grandi catene di distribuzione per posizionare i prodotti all'interno del supermercato: il prodotto che troviamo prima, quello che troviamo dopo e quello che casomai è prima delle casse.

Loro ci dissero che facevano questo tipo di esperienza prendendo diversi cluster di potenziali clienti, quindi la massaia, il professionista, il bambino… li equipaggiavano in questo modo e poi li avviavano lungo i corridoi e osservavano le loro reazioni.

Qui ci dissero che quando si entra, ad esempio, in un supermercato nella maggior parte dei casi si trova la frutta e la verdura perché in questo modo il nostro cervello appaga la sensazione di essere healthy, quindi sano, e poi dopo può comprare tutte le porcherie che trova lungo lo scaffale. Ma questo ci dice quanto è vero che, nonostante tutti noi siamo convinti di poter scindere l'emozionalità dalla percezione, la parte istintiva di noi invece tenda invece a disconnettersi.

Questo è il classico esempio di come io mi immagino debba essere anche l'evoluzione di un'azienda come PTC che dovrà nel futuro aiutare ingegnerizzare questi processi, a renderli più matematici, più modificabili, perché quello che ho detto io oggi è un po' la prima immersion in questo mondo completamente nuovo, che è oltre quella digitalizzazione, perché sarà quello che verrà dopo.

Dopo la transizione 5.0

La digitalizzazione per me è già qualche cosa su cui tutti stanno lavorando e sta dando potenzialità infinite, ma dopo di questo arriveremo nel 2030-2035, quando ci diranno che non si potranno più utilizzare veicoli con motore a combustione interna, a dover affrontare questo nuovo challenge, questa nuova sfida. Penso che per le vetture supersportive sarà predominante, ma anche per le altre, perché ogni brand vorrà crearsi la sua differenziazione, il suo motivo di esistere è di essere non una commodity, ma un brand vero e proprio.

Questo è quello che se io guardo il futuro, mi immagino sarà una delle più grandi sfide che PTC dovrà affrontare in un cluster ben definito, ma sicuramente potrà essere un'eccellenza su cui andarsi a misurare.

Francesca Frattini: Siamo arrivati anche alla conclusione di questa puntata, ringrazio ancora una volta Maurizio Reggiani per la sua disponibilità.

Questa era “Trasformazione Digitale”. Sono Francesca Frattini. Se volete, contattatemi via Linkedin, mi trovate come “Francesca Frattini PTC” o lasciatemi pure un commento sotto il podcast, sulla vostra piattaforma preferita.

Intanto ci ascoltiamo alla prossima puntata, sempre qui a “Trasformazione Digitale”. A presto!

L'ospite dell'episodio

Maurizio Reggiani - former CTO & VP Motorsport di Lamborghini

Maurizio Reggiani ha trascorso la maggior parte della sua fantastica carriera nel settore delle supersportive alla guida del reparto R&D Lamborghini, rivestendo un ruolo determinante nelle decisioni strategiche che hanno permesso all'azienda di raggiungere i record di oggi. Dal 2022 al 2023, ha poi messo la sua competenza e le sue idee innovative al servizio della divisione Motorsport, definendo l’inizio di un nuovo percorso strategico verso un futuro più sostenibile.

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Ulteriori risorse

Ridisegnare le Catene del Valore nella nuova Era del Manufacturing

Una serie di 3 episodi di podcast in cui PTC in collaborazione con Automobili Lamborghini ci parla della ridefinizione della catena del valore in questa nuova era del Manufacturing ed in particolare del parallelismo tra le due principali rivoluzioni che stiamo vivendo: quella digitale e quella sostenibile.

Podcast: Trasformazione digitale - Come il Digitale trasforma il Fisico

Una serie di podcast bisettimanali che offre agli ascoltatori un'esperienza coinvolgente su come potenziare il settore manufatturiero attraverso la lente delle nuove tecnologie.